Sono stato eletto Presidente della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo. Per questo ringrazio di cuore i colleghi per la fiducia che mi hanno voluto accordare. Assumo questo incarico con emozione, ma soprattutto con senso di responsabilità istituzionale e politico. La Consulta è un organismo che incarna uno degli aspetti più alti e nobili della nostra Regione: la capacità di tenere vivi i legami con le nostre comunità all’estero, trasformandoli in una risorsa strategica per l’intero territorio.
Non è un mero strumento tecnico, ma un presidio politico e culturale di grande valore. Nasce con l’obiettivo di mantenere vivo il rapporto con gli emigrati e i loro discendenti, di promuovere le radici culturali, storiche e linguistiche della nostra terra e di favorire iniziative di cooperazione culturale, sociale ed economica. Si tratta di un organismo inclusivo, costruito grazie al lavoro prezioso di chi ci ha preceduto e che oggi, insieme ai vicepresidenti, ai membri della Consulta e alle associazioni, siamo chiamati a rafforzare e rilanciare.
Negli anni, la Consulta ha saputo evolversi, aprirsi, includere le nuove generazioni di discendenti, promuovendo programmi di scambio, borse di studio, progetti di memoria storica, nonché iniziative per il rientro temporaneo o stabile. Oggi rappresenta una rete internazionale capace di rafforzare le relazioni della Regione, dando voce a quelle comunità emiliano-romagnole che, pur vivendo oltre i confini nazionali, continuano a portare alto il nome e i valori della nostra terra.
Gli emiliano-romagnoli che vivono all’estero, insieme alle famiglie dei loro discendenti, non sono soltanto un legame affettivo o un elemento folkloristico, ma rappresentano una risorsa strategica e concreta per lo sviluppo economico, sociale e culturale della nostra Regione. Il ruolo fondamentale delle associazioni degli emiliano-romagnoli nel mondo, che spesso nascono spontaneamente per rappresentare non solo la Regione, ma anche i singoli comuni, vallate e territori, è quello di custodire la memoria storica, di tramandare tradizioni, di rafforzare il senso di appartenenza e di fungere da preziosi punti di riferimento per le nuove generazioni, nonché per le reti economiche e culturali. Rafforzare questi legami non è una scelta retorica o sentimentale: è un investimento strategico.
Quando parliamo delle comunità emiliano-romagnole nel mondo, ci riferiamo a un patrimonio umano e culturale di straordinaria importanza. Non si tratta solo dei numerosi cittadini registrati all’AIRE, ma anche di una rete molto più ampia, fatta di seconde, terze e quarte generazioni che, pur nate all’estero, continuano a mantenere viva la memoria delle proprie radici. Questo legame apparentemente invisibile è in realtà potente, concreto, generativo. Gli emigrati emiliano-romagnoli e i loro discendenti sono, a tutti gli effetti, ambasciatori della nostra Regione nel mondo: portano con sé la cultura del fare, la qualità artigianale, l’ospitalità, la capacità di costruire relazioni autentiche. Sono i portatori di quel marchio “Emilia-Romagna” che ovunque evoca eccellenza: dal Parmigiano Reggiano all’aceto balsamico di Modena, dalla mortadella di Bologna alla musica, al cinema, all’arte, alle auto di lusso, all’innovazione tecnologica.
Ma oltre ai simboli, questi legami hanno una dimensione pratica e strategica. Attraverso le associazioni di corregionali all’estero, i club culturali, i circoli, le consulte, si costruiscono reti che facilitano scambi commerciali, aprono mercati alle nostre imprese, promuovono il turismo di ritorno, creano opportunità formative per i giovani.
La Regione Emilia-Romagna ha saputo dare forma istituzionale a tutto questo, dando corpo a una visione politica chiara: non lasciare il rapporto con i corregionali all’estero a iniziative isolate, ma farne un asse della propria proiezione internazionale.
Un momento simbolico di particolare rilievo è l’istituzione della Giornata degli Emiliano-Romagnoli nel Mondo, che celebriamo il 2 luglio. Questa data non è stata scelta a caso: essa ricorda l’affondamento della nave Arandora Star nel 1940, una tragedia che coinvolse moltissimi emigrati italiani e che colpì duramente le comunità dell’Emilia-Romagna. Commemorare quella data non significa solo fare memoria, ma affermare il valore politico e civile del ricordo, riaffermare il patto di solidarietà e appartenenza che lega la Regione alle sue comunità all’estero.
Oggi più che mai, in un momento storico in cui, anche a livello nazionale, si discute di riforme che rischiano di limitare i diritti di cittadinanza degli italiani all’estero, abbiamo il dovere di essere vigili. Non possiamo permettere che le nostre comunità vengano demonizzate o marginalizzate. Al contrario, dobbiamo ribadire con forza che esse rappresentano una risorsa strategica per la cultura, per l’economia, per la proiezione internazionale dell’Italia.
Come hanno sottolineato autorevoli rappresentanti politici e istituzionali, non possiamo accettare che la cittadinanza venga ridotta a mera burocrazia o, peggio ancora, a uno strumento di discriminazione.
Risuonano forti, in questo contesto, le parole di Papa Francesco, figlio di una famiglia piemontese emigrata in Argentina: “I migranti non sono altri da noi. La mia famiglia veniva dall’Italia attraverso il mare.” Questo è un monito universale, che ci ricorda che i nostri corregionali all’estero non sono solo portatori di tradizioni, ma ponti viventi di pace, cultura e dialogo.
E l’invito a costruire “ponti” ci è arrivato subito anche da Papa Leone XIV.
Riprendiamo le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Le comunità italofone presenti nei diversi Paesi rappresentano vivai fecondi di moltiplicazione degli stimoli culturali della civiltà italica.”
Ecco da dove vogliamo partire: dalla consapevolezza che i nostri corregionali sono i migliori ambasciatori della nostra identità collettiva, fatta di lavoro, creatività, inclusione, resilienza.
Sono certo che, insieme ai vicepresidenti e a tutti i componenti della Consulta, potremo affrontare al meglio le sfide che ci attendono, rafforzando i legami con le associazioni, sostenendo i giovani che guardano all’estero, custodendo la memoria storica di chi è partito ieri e di chi parte oggi.
E, soprattutto, facendoci portavoce dei diritti e delle istanze delle nostre comunità, per garantire che nessuna riforma possa sminuire o cancellare il valore inestimabile della cittadinanza e dell’identità italiana nel mondo.
Siamo pronti a raccogliere questa sfida con passione, serietà e spirito di servizio.