La visita agli scavi e la presentazione delle prime risultanze della ricerca condotta dagli studiosi dell’Università di Bologna ci consentono di parlare non solo di archeologia, ma della nostra identità più profonda.
Il sito di Ca’ Nova di Albareto è un luogo che ci restituisce, con forza e con sorpresa, la voce dei nostri antenati. È un luogo che ci dice che già nell’età del Bronzo l’Appennino era vissuto, frequentato, trasformato dal lavoro e dall’ingegno dell’uomo. È straordinario pensare che, a migliaia di anni di distanza, in questi luoghi si possano ancora leggere le tracce di chi ci ha preceduto: le strutture, gli strumenti, le testimonianze di un’attività agricola e pastorale che affondano le radici nella storia più antica. Ma è altrettanto straordinario che proprio qui sia stata rinvenuta una laminetta d’oro, un oggetto che ci racconta che Ca’ Nova non era solo un luogo di passaggio, ma aveva un ruolo speciale nelle dinamiche del suo tempo.
Quel piccolo frammento d’oro non è soltanto un reperto archeologico: è un simbolo. È il segno di un legame che ci connette a una storia più grande, che attraversava gli Appennini e li faceva non confine ma cerniera, punto d’incontro tra popoli e culture. Di fronte a una scoperta così straordinaria non possiamo nascondere l’entusiasmo: è bello vedere come, attorno a questo ritrovamento, si stiano già immaginando progetti di valorizzazione e iniziative capaci di restituire a tutti questa memoria antichissima. Sono segnali importanti, che dimostrano attenzione al nostro territorio e la volontà di investire in un futuro fatto non solo di conservazione, ma anche di racconto, di turismo culturale, di crescita condivisa.
Il sito di Ca’ Nova non è dunque soltanto un patrimonio scientifico: è una grande occasione per la comunità e di crescita per un territorio che ha tanto da offrire in termini di natura, storia e tradizioni. Perché un patrimonio come questo non deve restare nascosto sotto terra, ma diventare bene comune, esperienza viva, nuova opportunità per l’Appennino parmense e per le sue comunità.
E noi abbiamo il dovere e la gioia di farlo conoscere al mondo.
La ricerca scientifica, che mi auguro possa continuare grazie al lavoro dell’Università di Bologna e alla collaborazione delle istituzioni, ci restituirà ancora nuove conoscenze.
Ma spetta a noi, come comunità e come amministratori, dare a queste scoperte un respiro più ampio, renderle accessibili, trasformarle in racconto collettivo. Ca’ Nova di Albareto ci ricorda che i nostri monti non sono solo paesaggi da ammirare: sono archivi di memoria, sono radici, sono futuro. Sta a noi saperli custodire e valorizzare, affinché non restino un tesoro nascosto, ma diventino un bene condiviso e accessibile.